Nel panorama della musica pop jazz italiana contemporanea, irrompe con energia e ironia “Trump Folìe”, una canzone dal titolo emblematico che fonde satira, ritmo e memoria storica. Il brano, costruito su una base musicale travolgente — pianoforte incalzante, ritmo latino, sassofono giocoso e una vibrazione swing moderna — è molto più di un semplice esercizio di stile. È un grido, una riflessione, una denuncia musicale travestita da melodia contagiosa.
Una pazzia che gira e va
“Trump Folìe” è un titolo che richiama la follia non solo individuale, ma sistemica. Il testo parla di un presidente americano — non nominato apertamente ma facilmente riconoscibile — che sembra ripetere con leggerezza tragica gli errori dei suoi predecessori. Non è solo la critica a una singola figura, ma a una visione del potere che gioca con la catastrofe, come se il passato non avesse insegnato nulla.
Il riferimento ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki è diretto e carico di significato: un trauma globale che ha segnato la coscienza collettiva dell’umanità. Ma oggi, sembra dirci la canzone, si torna a parlare di “bombe preventive”, questa volta sugli acceleratori nucleari dell’Iran, come se la lezione della storia fosse stata ignorata. La melodia swing non riesce a nascondere l’amaro sapore di un deja-vu geopolitico.
Jazz pop italiano con spirito latino
Musicalmente, il brano è una festa per le orecchie. Il ritmo latino invita a muoversi, il sassofono ride e danza tra le note, e il piano mantiene il tono leggero e brioso. Tuttavia, dietro l’allegria apparente si cela una profondità inquieta. È come una risata nervosa davanti al pericolo, un ballo sul ciglio del burrone.
I ritornelli ripetuti (“Trump Folìe, Folìe, Folìe”) entrano nella testa come una filastrocca psichedelica, ma ogni ripetizione è una denuncia. “È la pazzia che non va via” diventa un mantra sarcastico, un jingle amaro di un mondo che si avvita su se stesso.
Una canzone-diario per non dimenticare
Il testo si sviluppa come una pagina di diario, intimo e riflessivo, scritto da chi osserva il mondo con disillusione ma anche con il desiderio ostinato di comprenderlo. “Caro diario…” è il richiamo di una voce interiore che tenta di elaborare il caos attraverso l’arte. E in questa scrittura personale, l’ascoltatore si ritrova, coinvolto nel medesimo smarrimento e nella stessa richiesta di senso.
Conclusione
“Trump Folìe” è una canzone che diverte e fa riflettere, balla e accusa, invita alla leggerezza ma chiede responsabilità. Un piccolo gioiello di jazz pop impegnato, che dimostra come anche in Italia si possa coniugare musica di qualità con impegno civile, senza risultare pedanti. In un tempo in cui la realtà supera spesso la fantasia, serve anche questo: una danza folle per non impazzire davvero.